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LOTTA ALLA VIOLENZA SULLE DONNE: IL CENTRODESTRA PUÒ PRENDERE L’INIZIATIVA di Souad Sbai

25  novembre 2019. Ventesima “Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne”, una giornata di lutto. Anno dopo anno, infatti, il bilancio per l’Italia è sempre più negativo. Secondo il rapporto Eures 2019, femminicidi, violenze sessuali, stalking e maltrattamenti in famiglia, sono in aumento, malgrado l’opera di sensibilizzazione e la costante condanna del fenomeno da parte delle istituzioni e dei media. Segno che le cause sono davvero profonde e che slogan, campagne pubblicitarie e cortei non sono sufficienti ad eliminarle.

Il giornale online Open riporta i dati contenuti nel rapporto. Nel 2018, le donne uccise sono state 142, una in più rispetto al 2017. Tra queste, 119 sono vittime dei cosiddetti femminicidi familiari, con un incremento del 6.3% dei delitti all’interno di coppie, sia sposate che conviventi, o perpetrati da ex partner dopo la separazione.

La gran parte degli omicidi avviene tra le mura domestiche (85.1%), mentre i delitti compiuti con armi da fuoco rappresentano il 32% dei casi, corrispondenti a 46 vittime, più del doppio dell’anno precedente (22), quando si era registrato un calo rispetto al 2016 (33). In aumento è anche il dato relativo ai femminicidi di donne anziane, sopra i 64 anni di età, che sono stati 48, il 33.8% delle vittime totali. Il numero delle donne straniere uccise è 35 (29 in ambito familiare).

Nel 32.8% dei femminicidi, il movente è riconducibile a gelosia e possesso, i due fattori che hanno causato l’accoltellamento di una donna in cinta avvenuto in Sicilia solo qualche giorno fa ad opera del marito, che ne ha pure occultato il cadavere. Un’altra vittima che si va ad aggiungere a quelle computate finora da Eures nel 2019 (94 nei primi 10 mesi dell’anno) e a partire dal 2012 (ben 868).

Le statistiche confermano l’allarme anche nei casi di violenza sessuale (+5.4%, 1.132 su minorenni, il 25.9% del totale), stalking (+4.4%) e maltrattamenti in famiglia (+11.7%), che fanno spesso da anticamera ai femminicidi veri e propri. Che fare?

La questione va affrontata anzitutto sul piano culturale, da dove prende le mosse la violenza fisica. Il Ministro della Famiglia, Elena Bonetti, ha opportunamente denunciato la “cultura inaccettabile e dilagante di violenza sulle donne”, in occasione della polemica scoppiata nel mese di ottobre a causa delle t-shirt in vendita in un Carrefour che raffiguravano un uomo che butta una donna giù dal balcone (perché parlava troppo).

Dietro l’apparente ironia alla Pulcinella, si nasconde in realtà un riflesso culturale giustificatorio verso la violenza contro le donne, secondo il detto: “Quando torni a casa la sera, picchia tua moglie. Tu non sai perché, ma lei lo sa benissimo”.

È il retaggio di un fondamentalismo strutturale duro a morire, non intaccato da decenni di promozione del rispetto dei diritti fondamentali e delle libertà civili delle donne, vigente solo in superficie. Un fenomeno, questo, che riguarda tutte le società europee e non solo quella italiana, e che si estende pertanto ben oltre i contesti legati all’immigrazione, dove a uccidere sono la resistenza all’obbligo del velo e la volontà di autentica integrazione delle donne di seconda generazione.

Alla propositività mostrata dal Ministro Bonetti, non ha fatto tuttavia ancora seguito il lancio di nuovi programmi e iniziative ad esempio in ambito educativo, nelle scuole e nelle università, affinché le nuove generazioni interiorizzino appieno il concetto dell’inammissibilità di ogni forma di violenza contro le donne, sia fisica che psicologica.

Tarda ad arrivare, da parte del Ministro Bonetti, anche la già auspicata apertura di una riflessione che coinvolga l’opposizione di centrodestra sui provvedimenti da adottare per prevenire e combattere femminicidi, stupri, stalking e maltrattamenti. Segno dell’indisponibilità del governo rossogiallo a collaborare in maniera trasversale su una questione che non ha colore politico o di partito?

La lotta alla violenza contro le donne non è monopolio o prerogativa esclusiva della sinistra. È una battaglia di civiltà che appartiene a tutti. Perché allora non è lo stesso centrodestra ad elaborare un’iniziativa autorevole da sottoporre all’approvazione del Parlamento? Sarebbe un modo per scuotere l’esecutivo e creare l’opportunità per delle convergenze con la maggioranza su un tema che dovrebbe unire e non dividere, e su cui c’è disperato bisogno di provvedimenti concreti.

L’obiettivo non può che essere d’invertire il trend negativo dei femminicidi e delle violenze sulle donne evidenziato dall’ultimo rapporto Eures: e su questo, destra e sinistra possono (e devono) lavorare insieme.