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Saman, il fondamentalismo non si può integrare

«Ho ucciso mia figlia per il mio onore». L’ammissione di colpevolezza del padre di Saman
Abbas rinvenuta in un’intercettazione telefonica, ha ricevuto la dovuta attenzione da
parte dei media ma non della politica. A dire il vero, qualche eccezione c’è stata.
Personalmente, ho infatti messo in evidenza la notizia affinché venisse discussa nella
campagna elettorale, trattandosi di un tema riguardante l’immigrazione e l’integrazione
delle comunità straniere in Italia.
Tuttavia, se nel centrodestra è prevalsa la prudenza per evitare di rendere la
campagna ancor più infuocata, avendo comunque già espresso chiaramente la propria
posizione sull’argomento, il silenzio che ha avvolto la sinistra è servito a nascondere
l’imbarazzo di partiti e leader politici rimasti ormai senza risposte. Altrimenti, avrebbero
dovuto ammettere il fallimento del proprio armamentario ideologico, infarcito di slogan
e frasi fatte sui “nuovi italiani”, il multiculturalismo, l’accoglienza, lo ius soli o scholae di
turno. Il che avrebbe molto probabilmente reso ancor più impietoso l’esito delle urne.
Ha detto bene Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera. Dobbiamo «pretendere il
rispetto dei nostri valori, il più importante dei quali è la dignità della donna, la sua libertà
di uscire con chi vuole, di amare chi vuole, di sposare chi vuole». D’altro canto, si tratta di
una pretesa che è a dir poco velleitario esigere nei confronti di sotto-culture violente,
arcaiche e triviali, come quella che ha dimostrato d’incarnare Shabbar Abbas, insieme a
tutta la sua famiglia, ad eccezione di Saman naturalmente. Che nessuna attenuante
venga quindi riconosciuta al padre assassino durante il processo e per far sì che ciò non
accada l’Associazione delle Donne Marocchine in Italia (ACMID) si è costituita come parte
civile.
In breve, il fondamentalismo non si può integrare, a sinistra se ne facciano una
ragione. E dalla consapevolezza che non si può integrare, deriva come logica
conseguenza che al fondamentalismo, da ovunque esso provenga, in territorio italiano
non va consentito di entrare, stabilirsi ed espandersi, privando le donne di libertà e
diritti, come quello all’educazione e a decidere della propria vita, fino ad ucciderle.
Le politiche legate all’immigrazione sono una cosa molta seria, da cui dipende il
presente e il futuro di un Paese. I frutti amari di anni di permissivismo ideologico,
scellerato e irrazionale, sono sotto gli occhi di tutti ed è ora che l’Italia prenda un nuovo
corso, come richiesto dalla stessa maggioranza degli italiani. Non scordiamoci mai di
Hina, Kadija, Kawtar, Samira, Rachida, Hania. Saman non è stata la prima, ma deve
certamente essere l’ultima.

Di Souad Sbai